ARCHEOCHICCA (LII) - LA TORRE DEL MORDILLO

SPADA E FODERO
ARMI PER ESISTERE
MUSEO DEI BRETTII E DEGLI ENOTRI COSENZA
di Sergio Murli
Perché quella spada e quel fodero? Sono il simbolo di un popolo, che su di essi ha costruito la sua difesa; compagni fedeli di ogni azione, sia stata essa offensiva, come difensiva.
Anche se i fatti (la Storia) ci dicono che tutto è risultato vano: inevitabilmente, fatalmente la decadenza è arrivata a privarci di certe radici, certe origini, anche se presto, sostituite da popolazioni più progredite e “civili” che hanno sovrapposto il loro marchio, risultato poi quasi indelebile, ancora vivo; basta girarci attorno e se ne trovano le vestigia.
Ma per non dimenticare, ecco la nostra spada con il fodero, la nostra “chicca” del Museo cosentino a perenne immagine di un mondo che non è più, addirittura lontano nel tempo anche per coloro che l’hanno sommerso, anche per coloro che ci hanno preceduto come intercapedine temporale: intendiamo parlare di Greci, Romani, Bizantini, Arabi e Normanni, su su, viaggiatori nell’intervallo tra Loro e Noi moderni, anzi, come si dice ora, contemporanei.

È un omaggio rispettoso e riverente agli Enotri, questo popolo altero, superbo, forse arrogante, ma, così pieno di fascino ai nostri occhi ammirati di turisti e visitatori; anche gli attualissimi Calabresi, per certi versi lo sono…
E dove meglio che nel Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza, potremmo trovare l’atmosfera così magicamente mantenuta anche per merito della sua Direttrice, la magnifica Marilena Cerzoso, che è stata gradita ospite della nostra rubrica con un Suo lavoro, poco tempo fa, letteralmente innamorata persa di questa stupenda gente che, assieme ai Brettii, costituisce un complesso, per usare un termine bruttino, “imperdibile”?


Sì, il periodo risulta drammaticamente lungo, ma le cose da dire erano veramente tante e chissà forse ne sarebbe servita qualche riga in più. Ora, con la storia di queste Genti, saremo un po’ ripetitivi, usando i testi inviatici da Cosenza assieme ai nostri poveri scritti che riconoscerete subito.


“Il popolo degli Enotri a partire dalla media età del bronzo e durante l’età del ferro (1.700-720 a.C.) intrattenne scambi con i Micenei prima e i Greci poi, fino alla colonizzazione greca e alla nascita della Magna Grecia.
Sin dal 1.700 a.C. (Bronzo medio) essi scelsero centri naturalmente fortificati a protezione degli accumuli di derrate e di beni, e adeguarono l’economia a una gestione più sostenibile, sfruttando nuove risorse (alberi da frutto, olivo) e operando per rigenerare quelle già in uso (colture a rotazione di cereali e legumi, concimazione, accurata gestione dell’acqua per i campi).
Ma chi sono gli Enotri? Di essi abbiamo notizie dalle fonti storiche classiche, molto più tarde., in particolare Dionigi di Alicarnasso, il quale ci dice:
“Primi tra i Greci questi [gli Arcadi], traversando il Golfo Ionio si stabilirono in Italia, sotto la guida di Enotro figlio di Licaone [...] 17 generazioni prima della spedizione contro Troia. […] preparata una flotta, Enotro traversò lo Ionio, e insieme a lui anche Peucezio, uno dei suoi fratelli. Li accompagnavano molti della loro stessa stirpe poiché si dice che anticamente gli Arcadi fossero un popolo assai numeroso e quanti tra gli altri Greci possedevano terra insufficiente alle loro necessità.
Peucezio, sbarcata la sua gente nel punto stesso del loro primo approdo in Italia, al di sopra del Capo Iapigio, vi si insediò, e da lui gli abitanti di quella regione furono chiamati Peuceti. Enotro invece, con la maggior parte della spedizione giunse all'altro golfo [...] Trovando molta terra adatta al pascolo, ma anche molta idonea per l'agricoltura, per lo più inoltre deserta o poco densamente abitata, dopo aver scacciato i barbari da alcune zone, fondò numerose piccole città sulle montagne, secondo quello che era l'abituale modello insediativo degli antichi. E chiamò tutta la terra che aveva occupato, e che era assai estesa, Enotria, ed Enotri tutti coloro sui quali ebbe il governo ".
Peucezio, sbarcata la sua gente nel punto stesso del loro primo approdo in Italia, al di sopra del Capo Iapigio, vi si insediò, e da lui gli abitanti di quella regione furono chiamati Peuceti. Enotro invece, con la maggior parte della spedizione giunse all'altro golfo [...] Trovando molta terra adatta al pascolo, ma anche molta idonea per l'agricoltura, per lo più inoltre deserta o poco densamente abitata, dopo aver scacciato i barbari da alcune zone, fondò numerose piccole città sulle montagne, secondo quello che era l'abituale modello insediativo degli antichi. E chiamò tutta la terra che aveva occupato, e che era assai estesa, Enotria, ed Enotri tutti coloro sui quali ebbe il governo ".
Mentre Aristotele: “un successore di Enotro, Italo, diede agli Enotri leggi e istituzioni, (sissizi, ossia pasti comuni o riserve alimentari collettive), trasformandoli da pastori in agricoltori sedentari. Da Italo la regione avrebbe assunto il nome di Italia”.

Ogni comunità era dell’ordine delle centinaia, a volte migliaia di persone, e riuniva insieme più gruppi di parentela; rapidamente ne emersero alcuni dominanti, che costituirono una struttura aristocratica, intorno a cui si organizzavano le famiglie subalterne.
Le comunità entrarono in rapporto di scambio con i navigatori che dai palazzi micenei della Grecia e da Creta muovevano nel Mediterraneo, soprattutto a cercare metalli.
In Italia meridionale venne introdotto per la prima volta il tornio da vasaio, per produrre vasi dipinti, uguali a quelli micenei (ceramica italo-micenea), o di ceramica grigia, dalle forme soprattutto italiane, e grandi giare per l’olio e forse il vino (Bronzo recente, 1.350-1.200/1.150 a.C.).
Dall’Italia partirono artigiani e mercenari con le famiglie verso l’Oriente, come testimoniato dalle armi trovate in Siria, in Egitto e nell’Egeo, dalle tradizioni orientali sui guerrieri dei “popoli del mare”, da una forma per fondere un’ascia di Micene e dalle ceramiche trovate in Grecia, ad es. a Tirinto in Argolide.”

Erano, come risulta chiaro, una antichissima popolazione italica (in greco Oinötròi), stanziata in quello che poi sarebbe diventato il territorio della regione augustea Lucania e Bruttium. Dimostrarono fin dall’inizio uno spirito bellicoso che li tutelò per molto tempo dalle insidie esterne; ma che forse, questa litigiosità portò inevitabilmente alla loro fine. Infatti, nonostante i loro sforzi, furono in costante regresso fino dagli albori della storia della Penisola, e fatalmente si dissolsero, scomparendo già nel V secolo a.C., sotto la crescente pressione dei Greci e degli Osci-Sabelli.
ENOTRIA (Oinötroìa). È la parte sud orientale dell’Italia e per estensione l’Italia meridionale e successivamente, anche l’Italia intera. Il suo nome venne collegato sia a Enotro, che in essa si sarebbe stabilito dalla natia Arcadia, sia al greco ôinos, vino, per la ricchezza dei suoi vigneti.

ENOTRIO (Oinötros). Uno dei figli del re d’Arcadia Licaone. Alla morte del padre, insoddisfatto della parte di eredità toccatagli, abbandonò la terra che l’aveva generato con il fratello Peucezio e, insieme con lui, si stabilì nell’Italia meridionale dove diedero il nome rispettivamente agli Enotri e ai Peucezi. Secondo una tradizione latina, Enotrio sarebbe stato re dei Sabini.
Ricordiamo che siamo nei confini… infiniti del mito e che tutto verrà illustrato compiutamente dagli scritti inviatici dalla Chiarissima Dott.Cerzoso e qui pubblicati. Tanto per spaziare, che non guasta, Enotrio Romano è lo pseudonimo usato da Giosuè Carducci per alcune sue opere.
Anche BRUZIO (Bruttium o Brutium) era antico nome della Calabria derivato dai Bruzi che l’abitavano e presumibilmente entrato in uso in epoca tarda.
Il Bruzio, già colonizzato dai Greci, fu sottomesso dai Romani nel 270 a.C.. Qui, Annibale dopo la battaglia di Canne, attese invano rinforzi cartaginesi per continuare la lotta contro Roma. Città principale in epoca greca, oltre a quelle nominate sotto, Reghium (Reggio).

BRUTTII o BRUZI (Brettii e Brezi). Questa popolazione italica fu menzionata dalla storia, per la prima volta, sembra nel V- IV sec. a.C. come stanziata nella terra indicata, più tardi, con il nome di Bruzio. Liberatisi dalla sottomissione ai Lucani, costituirono intorno alla metà del IV secolo una forte confederazione intorno a Consentia, che aveva tra gli obiettivi la conquista delle città greche della costa.
Lottarono con successo contro Alessandro il Molosso, re d’Epiro e contro Agatocle di Siracusa, riprendendo, dopo la morte di quest’ultimo (289) gli attacchi contro le città greche.
L’intervento romano ebbe come conseguenza la rovina della loro confederazione, iniziata dopo la sconfitta di Pirro, cui avevano fornito aiuti; e diventata completa in seguito alla partenza dall’Italia di Annibale, per il quale avevano parteggiato fino all’ultimo: lampante esempio di scelte solenni e fatali, quando si dice non ne hanno indovinata una… anche se è un po’ ingeneroso nei confronti di genti coraggiose e simpaticamente spavalde.
Etnicamente dispersi, privati di una parte di territorio, circondati da una serie di colonie; con l’esclusione dalle legioni, ma con l’obbligo di prestare quali ausiliari, i più umili servizi militari, i Bruzi caddero nella condizione di sudditi senza diritti e cessarono di esistere come entità politica distinta. Città importanti: Consentia, Clampetia, Ocriculum.

“La lavorazione del ferro, probabilmente raggiunta in Turchia e poi diffusa in Sicilia e Calabria intorno al 1.000 a.C. dai navigatori di Cipro, è diversa da quella del rame e del bronzo: questi si fondono e si colano; il ferro, in Europa, fino al Medioevo, fu lavorato solo per riscaldamento e martellatura, alla forgia. Inoltre, i minerali ferriferi sono più diffusi e più facili da procurare.
Mentre ai Ciprioti si sostituivano i Fenici delle coste degli attuali Libano e Siria, ripresero anche i contatti con la Grecia: superata la crisi successiva al crollo della società micenea, in Grecia si erano riorganizzate società popolose e dall’ordinamento militare molto forte, basate sulla coesione di un ceto privilegiato molto ampio.
Emergeva intanto nell’Italia centrale un altro mondo espansionistico, popoloso e ben organizzato, fondato sulle nascenti città-stato dell’Etruria.
La Calabria e gli Enotri, legati sul piano ideologico e religioso alla Grecia, si trovarono in mezzo tra il mondo greco e quello etrusco, che erano entrati in competizione per il dominio sul Mediterraneo centrale e gli Osci che pressavano all’interno; gli Enotri non seppero superare le divisioni tra comunità, e riunirsi, come, pur con qualche difficoltà, Greci ed Etruschi, in grandi proto-città. Infine, con la colonizzazione greca, le popolazioni della Calabria rimasero schiacciate e sottomesse, ricadendo per cinque secoli sotto il dominio politico e culturale dei Greci.
Nasceva il mito della Magna Grecia, che ancora pervade l’Italia meridionale."

È giunto il momento del luogo di scoperta e recupero della nostra chicca, è la “Torre del Mordillo.
Si tratta di un’altura che sorge in un luogo strategico, presso la confluenza dei fiumi Esaro, che scorre da Sud-Ovest, e Coscile, da Nord-Ovest, ai bordi della piana di Sibari. Poco più a Est è il Crati.
Parliamo dell’abitato enotrio più esteso della Sibaritide, quasi al centro della regione, con grandi possibilità di difesa e di controllo del territorio, collegato, per le attività economiche, agli estesi e fertili terreni circostanti.
L’intero pianoro di 14 ettari poteva ospitare una popolazione ben superiore ai 1.000 abitanti. Il centro fu abitato dalla media età del bronzo alla fondazione di Sibari (circa 1.700-720 a.C.), con una sequenza continua di occupazione.
Le case, seminterrate, avevano pali in legno di quercia, pareti rivestite di argilla e tetto in canne di palude. Ognuna ospitava una singola famiglia.
Gli oggetti rinvenuti mostrano un centro molto fiorente, impegnato negli scambi con i Micenei (1.500-1.150 a.C.), poi con i Ciprioti e i Fenici (1.150-800 a.C.) e infine con i Greci subito prima della colonizzazione (800-720 a.C.).


Durante il Bronzo recente (1.350-1.200/1.150 a.C.), a lato della sella di accesso venne costruito un terrapieno difensivo, che reca tracce di incendio. Almeno due case andarono a fuoco nel Bronzo finale (1.200/1.150-960 a.C.) e nella prima età del ferro (960-870 a.C.), forse indizio di episodi bellici sfortunati: evidentemente Torre del Mordillo era in competizione con altri centri per la supremazia sulla regione.”
Come abbiamo visto, è una storia che si ripete, drammaticamente e tragicamente…
“Dopo l’abbandono, all’arrivo dei Greci di Sibari, vi si trovano tracce di un luogo di culto di età arcaica (VII-VI sec. a.C.). Nel corso dell’età ellenistica (circa 350-202 a.C.) vi sorse una piccola città con una pianta di isolati a scacchiera di tipo greco, cinta da un complesso sistema di fortificazioni che fu testimone di diversi scontri bellici. La distruzione finale ebbe luogo forse ad opera di Annibale, sotto una pioggia di palle di balista.” Che riservò loro ben altro destino, come abbiamo visto, degli Enotri.

“Al medioevo risale la torre che svetta all’estremità nord, e che dà il nome attuale al pianoro.
Torre del Mordillo aveva, come altri centri protostorici importanti e di complessa costituzione sociale, diversi cimiteri che ospitavano complessivamente migliaia di defunti. …
Nel 1888, ai piedi dell’altura verso Nord-Est, furono scavate 230 tombe, in due distinti nuclei; altre furono trovate danneggiate. Le sepolture contenevano uno o due defunti. I reperti esposti nella prima sala del Museo e nella successiva, trovati nelle tombe e nel terreno sconvolto, indicano che probabilmente quest’area sepolcrale venne usata per circa sei secoli, dall’età del bronzo recente alla fine della fase 2 dell’età del ferro (1.350-720 a.C.).

…Gli Enotri seppellivano i defunti con oggetti personali, indossati sul vestito funebre o deposti vicino al corpo, e con vasi di ceramica chiara e dipinta o d’impasto scuro, usati per contenere bevande e cibi.
I vestiti e i beni del defunto segnalavano il suo ruolo nella società: rappresentavano la sintesi della persona, come la si voleva ricordare, ma servivano anche per dotarla di quanto potesse servirle dopo la morte. Nei funerali più sontuosi e nel celebrare la grandezza del morto, i vivi ribadivano l’importanza della propria famiglia nella comunità.
Per gli uomini, gli oggetti più frequenti sono le armi (spada, lancia), a volte un rasoio, un coltello, uno strumento da lavoro, e le fibule con arco serpeggiante che ne fermavano il vestito o il mantello.
Ovviamente, tutti i materiali deperibili, come legno e tessuti, non sono più conservati.
Nelle necropoli enotrie della Basilicata, meglio note, i maschi sono deposti sul fianco destro.


Per le donne, abbondano gli ornamenti della persona: numerose fibule di dimensioni grandi e piccole per fermare i vestiti, fermatrecce, collane, cinturoni di lamina, braccialetti, anelli di filo a più giri alle mani e ai piedi, pendagli di catenelle, o a forma di disco o del tipo “a xilofono”; inoltre, gli oggetti per filare e tessere (fusaiole e pesi da telaio).
Le femmine sono deposte sul fianco sinistro.
La società degli Enotri aveva grandi abitati, come Torre del Mordillo, ma non vere città. Il potere era nelle mani di un’aristocrazia basata sulla discendenza familiare (gens), tra i cui membri spiccava il capo della comunità, apparentemente molto controllato dai suoi pari. In posizione subalterna, gli altri membri della comunità costituivano il seguito dei gruppi aristocratici, da cui dipendevano. Gli archeologi la descrivono con il concetto di “società gentilizio-clientelare pre-urbana”.
Gli Enotri dell’età del ferro, al tempo della necropoli di Torre del Mordillo (870-720 a.C.), avevano abbandonato pressoché del tutto il rituale della cremazione, e quasi tutti i defunti erano sepolti inumati, in fosse, rannicchiati sul fianco o distesi, probabilmente spesso protetti da una cassa lignea. È da ritenere che scelte religiose li avessero spinti al cambio di rituale dalla cremazione all’inumazione; ma i simboli sacri che rinviano soprattutto al sole e al cielo erano i più diffusi, sia prima che dopo.
Le fosse delle tombe avevano spesso una pavimentazione e un rivestimento in ciottoli, e una copertura, pure in ciottoli.
Nel cimitero di S. Maria d’Anglona (Tursi, MT) alcune tombe di personaggi particolarmente importanti, contemporanee a quelle più antiche di Torre del Mordillo (Ferro 2A, 870-800 a.C.), erano coperte da un basso tumulo circolare.


Le tombe erano raggruppate in nuclei corrispondenti ai rami di parentela che componevano la comunità, spesso talmente vicine da costituire un unico tumulo di pietrame, come per le tombe aristocratiche del Ferro 2B (800-720 a.C.) di Macchiabate di Francavilla Marittima (CS). Si tratta di grandi famiglie estese, al cui interno i singoli nuclei familiari non sono sempre evidenti, perché le tombe ci mostrano più vicini tra loro da un lato i maschi e dall’altro le femmine e i bambini. Questa distribuzione delle sepolture è frequente in Europa nelle età del bronzo e del ferro.
La maggior parte delle tombe scoperte nella necropoli di Torre del Mordillo risale a questa fase (Ferro 2A).
Fino al Ferro 1 (960-870 a.C.) le tombe enotrie, testimoniate in altre necropoli, come a Castiglione di Paludi, contenevano in genere pochi oggetti; dal Ferro 2A i corredi funebri assumono una maggiore complessità, anche se risultano essere comunque piuttosto regolari e ripetitivi: si tratta di una società articolata, ma molto regolata al suo interno.
Non mancano casi di tombe bisome, ovvero in cui è presente sia la sepoltura maschile che quella femminile, come accade in alcune tombe. Gli archeologi discutono se tale rituale significhi che la donna venisse uccisa, o si suicidasse, alla morte del marito, o se le sepolture si siano succedute nel tempo, riunendo i coniugi nella morte.


Il bronzo è ancora il metallo più diffuso per gli ornamenti, mentre il ferro è ormai quello più usato, ma non esclusivo, per le lance. La spada con il fodero della tomba 97 è di bronzo, ma in questo periodo esistono già anche spade di ferro: la qualità del nuovo metallo si sta affermando, ma non ancora per tutti gli oggetti di prestigio.
…Prevale la ceramica non dipinta; una forma singolare è l’askòs a due bocche; tra i rari vasi d’ argilla depurata e dipinta, il più significativo è un orcio a collo, con il caratteristico stile a tenda.
A Torre del Mordillo, tre tombe spiccano per la rilevanza del corredo: le tombe 96 (femminile) e 97 (maschile) erano forse vicine tra loro; la tomba 78, con un ricco corredo femminile e una lancia di ferro, era probabilmente bisoma.
La tomba 97
L’uomo era armato di spada, infilata nel fodero rivestito in lamina di bronzo, e di una lancia; portava inoltre una piastra pettorale protettiva (cardiophylax), parte dell’armatura, e aveva un rasoio.

Il suo vestito può essere ricostruito grazie anche alle riproduzioni presenti sulle stele della Daunia (attuale provincia di Foggia), che mostrano delle piastre pettorali analoghe a questa, o ad altre, trovate per esempio a Lavello (PZ). Da due spallacci di cuoio pendeva una fascia su cui era inchiodata la piastra, e quindi appesa la spada; un sistema di lacci, fissati a un anello in bronzo sulla schiena, teneva ferma l’armatura. La grande fibula ad arco serpeggiante e le due piccole (oggi disperse) potevano chiudere un mantello, sovrapposto.

Il suo vestito può essere ricostruito grazie anche alle riproduzioni presenti sulle stele della Daunia (attuale provincia di Foggia), che mostrano delle piastre pettorali analoghe a questa, o ad altre, trovate per esempio a Lavello (PZ). Da due spallacci di cuoio pendeva una fascia su cui era inchiodata la piastra, e quindi appesa la spada; un sistema di lacci, fissati a un anello in bronzo sulla schiena, teneva ferma l’armatura. La grande fibula ad arco serpeggiante e le due piccole (oggi disperse) potevano chiudere un mantello, sovrapposto.
…La donna accostata all’uomo nella morte aveva uno splendido cinturone di lamina, 2 grandi bracciali a spirale, fermatrecce e ornamenti (tomba 96); l’altra donna era caratterizzata soprattutto da ornamenti di ogni genere (tomba 78), tra i quali era una coppia di figurine in bronzo (maschio e femmina abbracciati), tipica del mondo enotrio.


I costumi femminili di spicco avevano numerose fibule di diversi tipi, spesso in serie ripetute (per es. da 4 a 6 fibule a 4 spirali, 2 ad arco serpeggiante, ecc.). In base alle posizioni note da altre necropoli, possiamo ritenere che esse si applicassero a fermare diversi strati di vesti, e che solo alcune avessero una funzione soltanto decorativa: ipotizziamo almeno 3 strati, ovvero una tunica, uno scialle o una veste e un mantello.
I pendagli circolari, quelli “a xilofono” e le catenelle si trovano di solito tra le costole e le gambe, a volte sostenuti da una fascetta in metallo infilata nel centro: potevano essere appesi alla cintura, o forse essere parte di un più complesso sistema per fermare lo scialle o la veste.
L’articolazione delle vesti aveva probabilmente poco da invidiare ai costumi tradizionali popolari.”
Ringraziamo la brillante Direttrice per averci inviato due magnifici disegni che bene illustrano ciò che veniva indossato dai defunti e che volentieri pubblichiamo.

Ed ora eccoci alla spada e al fodero della stessa tomba numero 97:
SPADA DEL MORDILLO.
Torre del Mordillo (Spezzano Albanese, CS), tb. 97
Inv. 981 (IM); 69381 (IG); Pasqui n. 1 partim. Sala 4, vetrina 8
Bronzo fuso, incisioni a bulino
Integra. Lungh. tot. 47,5; lungh. lama 35,5; largh. lama 4; largh. spalla 4,7; peso 303
Spada corta a lingua da presa di tipo italico; lingua da presa slanciata a margini rilevati, a profilo biconico con lati concavi e foro centrale; terminazione a “T” sup. convessa, con tre fori distanziati; spalla semicircolare a margini rilevati, distinta dalla lama mediante un gradino sfuggente; alla base della lama sono presenti due ulteriori fori; lama con costola centrale mediana poco accentuata, a sez. romboidale smussata con margini assottigliati.
Incisioni sulla lama: due fasci di sei linee incise, di cui le due est. più profonde, convergenti verso la punta, fiancheggiano i margini della lama sino alla base dell’impugnatura, dove curvano fino all’orizzontale presso la base della guardia; al di sopra, ancor più vicino alla guardia, motivo a “V” a lati concavi, realizzato con due linee incise campite da piccoli e fitti tratti obliqui e paralleli.
Incisioni sulla lama: due fasci di sei linee incise, di cui le due est. più profonde, convergenti verso la punta, fiancheggiano i margini della lama sino alla base dell’impugnatura, dove curvano fino all’orizzontale presso la base della guardia; al di sopra, ancor più vicino alla guardia, motivo a “V” a lati concavi, realizzato con due linee incise campite da piccoli e fitti tratti obliqui e paralleli.

FODERO DI BRONZO
Inv. 982 (IM); 69382 (IG); Pasqui n. 1 partim. Sala 4, vetrina 8
Bronzo fuso e martellato, incisioni a bulino
Integro. Lungh. 38,4; largh. 4,5; peso 235
Fodero costituito da un’unica lamina di bronzo ripiegata e aperta sul lato posteriore, su cui è innestato un puntale a sez. lenticolare, con terminazione a bottone sormontato da un elemento di fissaggio a fascia circolare con prominente nervatura centrale.”Era internamente rivestito di legno, come ne fanno fede i molti frammenti che se ne raccolsero” (Pasqui 1888). Decorazione a incisione sulla faccia anteriore: due fasci verticali di quattro linee incise distanziate, disposte lungo i margini, convergenti verso la punta e campite da linee a zig-zag, formanti tre serie continue di triangoli; si delimita così il campo centrale, dove la decorazione è scarsamente leggibile.
Apparentemente si tratta di un motivo principale con la ripetizione dei medesimi elementi dalla bocca quasi sino al puntale, dove assume una terminazione particolare: serie, continua e collegata, di 5 coppie di meandri allungati, di diversa lungh. ma simmetrici rispetto all’asse del fodero e isorientati verso il basso, costituiti da nastri campiti con linee oblique e parallele; sembra che i nastri campiti formanti l’ultimo meandro si prolunghino in continuità verso il puntale in una serie simmetrica di tratti a zig-zag convergenti verso il puntale (alternativamente, potrebbe esserci un’interruzione tra meandri e linee a zig-zag); tra questi nastri a zig-zag potrebbero essere presenti, in posizione assiale, una linea verticale sottilmente incisa da cui si dipartono tratti obliqui divergenti verso il basso a generare motivo a spina di pesce, forse un motivo “a foglia”.
Apparentemente si tratta di un motivo principale con la ripetizione dei medesimi elementi dalla bocca quasi sino al puntale, dove assume una terminazione particolare: serie, continua e collegata, di 5 coppie di meandri allungati, di diversa lungh. ma simmetrici rispetto all’asse del fodero e isorientati verso il basso, costituiti da nastri campiti con linee oblique e parallele; sembra che i nastri campiti formanti l’ultimo meandro si prolunghino in continuità verso il puntale in una serie simmetrica di tratti a zig-zag convergenti verso il puntale (alternativamente, potrebbe esserci un’interruzione tra meandri e linee a zig-zag); tra questi nastri a zig-zag potrebbero essere presenti, in posizione assiale, una linea verticale sottilmente incisa da cui si dipartono tratti obliqui divergenti verso il basso a generare motivo a spina di pesce, forse un motivo “a foglia”.

Gentili Lettori, se siete interessati alle note tecniche e alla bibliografia sui due oggetti che formano la nostra chicca, le potrete trovare, richiedendole, come Schede Reperti, allo stesso Museo.
Questa puntata risulta particolarmente lunga: perché particolarmente importante e ricca, merito innanzi tutto della infaticabile Direttrice che ci ha voluto concedere una parte considerevole del Suo sapere. Stimolandoci a dare il meglio di noi stessi, sperando di non averla delusa.
Certamente risulterà un inno alla bellezza e al fascino che emana da questi primo Calabresi, completati dall’aria che hanno respirato sul luogo, sommata alla loro forza e al loro spirito di avventura; pregi che non si sono persi nei millenni, anzi…


DOVE SI TROVA. Il Museo dei Brettii e degli Enotri si trova a Cosenza in Salita S. Agostino 3, tel 0984-23303, fax 0984-22067, email:
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.
, sito web http://www.museodeibrettiiedeglienotri.it
CREDITI. I disegni dei due inumati e altre immagini di reperti, più le schede e gli studi sull’argomento sono una preziosa e gentile concessione della Dottressa Marilena Cerzoso. Il resto è una scelta redazionale; il disegno del titolo è di Sergio Murli.
RINGRAZIAMENTI. È presto detto, prima di tutto le brillanti Cerzoso e Vallone, preziose e insostituibili nei Loro ruoli, dissimili, ma altrettanto indispensabili.
CONLUSIONI. Continuiamo a nuotare nel mare di cartoni di un infinito trasloco, con sorprese e complicazioni, ma anche i più vasti oceani prima o poi finiscono. Alla prossima?
ELENCO IMMAGINI. In ordine progressivo:
Disegno titolo; foto e spada in coppia; moneta Brettii; Micene; Dionigi d’Alicarnasso; Aristotele; moneta Regium; Ocriculum; torre del Mordillo; panorama 1; panorama 2; Sibari; sepoltura uomo e sepoltura donna; disegno spada e fodero; corredo della tomba; corredo 1, corredo 2, corredo 3, corredo 4, corredo 5, corredo 6; Museo.